Rivoluzione Energie Rinnovabili America Latina

Un terremoto sta scuotendo i pilastri su cui si regge la nostra società: quelli economici, culturali e politici. La terra non è infinita. L’era inaugurata dalla Rivoluzione Industriale ed alimentata fino ad oggi dai vaneggiamenti del modello capitalista e della sua di crescita infinita su un pianeta finito ha ormai come unica derivazione una prossima data di scadenza. In modo assolutamente non tempestivo ci stiamo interrogando sul da farsi, con la lentezza del bradipo e la lungimiranza della cicala, mentre lo sperpero di risorse non rinnovabili procede con la costanza delle ben più laboriose formiche. Ad oggi lo sguardo che arriva più lontano e che fa ancora sperare per un futuro sostenibile non giunge dalle più note superpotenze industriali ma da un’area del mondo che ha da sempre un legame più viscerale con il proprio ecosistema originale.

La messa in discussione del modello di modernità

La rivoluzione rinnovabile dell’America Latina inizia con riflessioni socio-filosofiche come quella di Enrique Dussel. Il Filosofo argentino definisce la modernità come un mito creato per giustificare una continua e consolidata violenza. Questo mito si autoalimenta grazie all’auto rappresentazione della civiltà moderna come più sviluppata e migliore, l’unica scelta possibile per la società. La messa in discussione del modello di modernità proposto dall’Occidente propone grandi cambiamenti nel rapporto tra economia, cultura e tradizione, che iniziano finalmente ad interfacciarsi e a prendere in considerazione una possibile cooperazione, benefica forse per tutte le parti in causa.

I nuovi modelli di modernità sostenibile

Da questo nasce la volontà dell’America Latina di mettersi in pari con il resto del mondo su tematiche ambientali ed energie rinnovabili e la sua capacità di ascolto e comprensione delle possibilità legate ad uno sfruttamento sostenibile delle proprie abbondanti risorse appare efficace e determinata.
Pensate all’Argentina, legata storicamente allo sfruttamento dei combustibili fossili: la sua rivoluzione ecologica parte proprio dalla disponibilità del governo di erogare incentivi per la produzione di energie sostenibili. Tra luglio e agosto 2017 infatti, il Governo ha lanciato la nuova gara dedicata al settore fotovoltaico ed eolico. Obiettivo: alzare la percentuale di consumo green a livello nazionale e allo stesso tempo aumentare la capacità produttiva e raggiungere l’indipendenza energetica.
Per farlo, il governo ha pronte nel cassetto quattro nuove aste dedicate a infrastrutture ed energie rinnovabili, con cui spera di ottenere fino a 7 miliardi di dollari d’investimento. La motivazione che spinge ad una necessità di rinnovamento delle scelte energetiche per il paese è guidata soprattutto dall’ormai insostenibile l’import fossile. Il ministro dell’Energia Aranguren ha sottolineato come attualmente “un paese con risorse di qualità e in quantità, per colpa della nostra inefficienza […] è dipendente dalle importazioni di energia”. L’obiettivo del Governo è quella di invertire questa tendenza, attirando capitali privati esteri e nazionali e arrivando al 2018 con un 9% di energie rinnovabili autoprodotte.

Contemporaneamente il Costa Rica ha recentemente battuto un nuovo record personale. Secondo le stime del Costa Rica Elettricity Institute, ha ottenuto il 98% della propria elettricità da fonti rinnovabili durante l’anno 2016. Nel 2017 si attendono ulteriori implementi grazie alla costruzione di ben quattro nuovi parchi eolici. A permettere simili risultati, insieme agli investimenti governativi nelle rinnovabili, contribuisce in modo decisivo lo stile di vita degli abitanti della nazione. Attualmente in Costa Rica viene utilizzato circa un settimo dell’energia elettrica pro-capite che occorre ad un cittadino statunitense in un anno intero.

Per l’Uruguay, invece, i problemi giacevano nei costi di produzione. In queste terre le riserve naturali di gas e petrolio sono storicamente scarse. La soluzione anche questa volta arriva dallo sfruttamento di particolari fattori climatici, in grado di fornire una produzione stabile di energia di tipo idroelettrico, fotovoltaico ed eolico, ma anche tramite il trattamento dei rifiuti delle colture agricole; per raggiungere fino all’84% di produzione di energia green. Nella ricetta verde dell’Uruguay non ci sono miracoli tecnologici, l’energia nucleare non è contemplata e non è prevista la costruzione di grandi dighe idroelettriche. Un ambiente normativo favorevole e una forte collaborazione tra il settore pubblico e quello privato mirano al raggiungimento di una produzione 100% eco sostenibile e fanno di questa nazione un punto di riferimento globale su come gli interessi sociali e ambientali siano proficuamente compatibili.

In Brasile tutto ha avuto inizio con un incredibile supporto governativo dedicato al fotovoltaico. Ad oggi anche la produzione di energia eolica è in decisa espansione. L’88% dell’elettricità del Brasile proviene attualmente da fonti rinnovabili, quali energia fotovoltaica, eolica, biomassa ed energia idroelettrica. Solo il 7% dell’energia rinnovabile utilizzata dal Brasile è di importazione, il restante 81% è auto prodotto. La scelta brasiliana è stata dettata da una spinta all’ecologia con un occhio orientato al risparmio: nello specifico l’energia eolica risulta a tutti gli effetti economica rispetto all’energia prodotta con l’utilizzo di gas naturale. L’investimento del paese in vasti parchi eolici si sta rivelando proficuo ed intelligente. Anche per quanto riguarda l’energia da biomassa, il Brasile è ancora una volta all’avanguardia. Le sue fonti derivano dallo sfruttamento di materiali di recupero come gli scarti della lavorazione del legno e i residui della coltivazione di canna da zucchero, naturalmente abbondanti in questo paese.

In Messico a La Paz, capitale dello stato della Bassa California del Sud, è stato installato il più grande parco fotovoltaico del Sud America. Sviluppa 30MW su un terreno di 100 ettari con 132.000 pannelli in funzione. L’obiettivo del parco è quello di produrre 2GW di energia fotovoltaica entro il 2020. Recentemente il Gruppo Enel ha preventivato un investimento di circa 650 milioni di dollari statunitensi nella costruzione di Villanueva, il più grande impianto fotovoltaico in costruzione nel continente sudamericano e il più grande progetto solare di Enel a livello mondiale.
I 754 MW1 complessivi entreranno in esercizio nella seconda metà del 2018, generando oltre 1.700 GWh l’anno, pari alla domanda di oltre 1,3 milioni di famiglie messicane, evitando l’immissione in atmosfera di oltre 780mila tonnellate di CO2.

Il Perù intanto aspira ad ottenere l’elettrificazione delle aeree rurali attraverso un ambizioso programma fotovoltaico nazionale. Questo paese appare talmente fertile alle energie rinnovabili che il Gruppo Enel ha preventivato di investire circa 170 milioni di dollari USA per la costruzione dell’impianto di Rubi: il primo impianto fotovoltaico del Gruppo in Perù, destinato a diventare – una volta completato – il più grande del paese con una capacità installata di 180 MW1. Come spiega Francesco Venturini, responsabile della divisione Globale Energie Rinnovabili di Enel “Siamo fieri che la nostra esperienza possa contribuire allo sviluppo di energia rinnovabile in Perù, in questo caso attraverso l’uso sostenibile dell’abbondante risorsa solare presente nel sud del paese, regione in cui Rubi potrà anche diventare fattore di sviluppo”. Rubi sarà in grado di generare circa 440 GWh all’anno – pari al consumo di quasi 351.000 famiglie peruviane – evitando l’emissione in atmosfera di oltre 267.000 tonnellate di CO2 l’anno.

Obiettivo del governo del Cile è quello di produrre il 70% di energia da fonti rinnovabili entro il 2050. L’industria dell’energia solare è in piena espansione, tanto da fornire elettricità praticamente gratis. Nel 2016, secondo dati dell’operatore di rete nazionale riportati dal sito di Bloomberg, il prezzo dell’elettricità ha raggiunto lo zero per ben 113 giorni. Il paese sta puntando sempre di più sulle rinnovabili. Entro il 2018 è stato previsto che la metropolitana della capitale Santiago sarà alimentata per il 60% da energie pulite (solare ed eolico). Sarà la prima metro al mondo alimentata per la maggior parte da energie rinnovabili.

La recente svolta rinnovabile del Nicaragua, tra le nazioni più povere del centro America, ha letteralmente rivoluzionato il paese. Prevista  entro il 2017 una crescita al 75% di energia elettrica prodotta da rinnovabili ed entro il 2020 si arriverà al 90%. Gli investimenti in sole, vento, idroelettrico, geotermia, non solo hanno abbassato la bolletta energetica del paese ed eliminato la dipendenza dai vicini venezuelani, ma hanno anche  creato posti di lavoro ed evitato l’immissione in atmosfera di inquinanti. Tutto questo utilizzando le proprie risorse naturali, costruendo impianti idroelettrici e usando i diciannove vulcani del paese per impianti geotermici. Grandi impianti eolici sono stati costruiti attorno al Lago Nicaragua, dove il vento è storicamente abbondante e persistente.

Dove non arrivano governi illuminati sono le popolazioni indigene a reclamare le proprie terre da sfruttamenti che non rispettano culture ed esigenze locali. Degno rappresentante della tenacia con cui il popolo del Guatemala tutela le proprie risorse naturali è un agricoltore della comunità maya Q’eqchi, vincitore del Premio Goldman – Nobel per l’ambiente, Rodrigo Tot. Per recuperare le terre della sua comunità Tot ha lottato per anni contro le autorità del paese, fino ad ottenere una vittoria storica, con il pronunciamento di una sentenza giudiziaria che ha intimato allo stato del Guatemala di restituire al popolo Q’eqchi la titolarità della terra di Agua Caliente, allontanando lo spettro di una problematica miniera di Nichel. Tot ha messo in campo ogni risorsa per fermare l’espansione del progetto: il leader indigeno ha imparato lo spagnolo per comprendere meglio quel che stava accadendo, raccogliere le informazioni utili e dialogare con il governo per ottenere il rispetto dei diritti di proprietà della terra Q’eqchi.
Nel 2012, come rappresaglia i quattro figli di Tot sono stati attaccati da un gruppo di uomini mentre si trovavano in un autobus ed uno di loro è stato ucciso nell’agguato. A conferma dei rischi che affrontano i dirigenti latinoamericani che lottano per la difesa dell’ambiente ci sono gli omicidi nel marzo del 2016 della honduregna Berta Caceres e nel gennaio di quest’anno del messicano Isigro Baldenegro: entrambi vincitori del Goldman. In ogni caso la persistenza e la motivazione di questi lottatori è stata ripagata con un verdetto che ha rianimato gli attivisti di tutto il mondo e ci ricorda come, un legame conoscitivo personale e profondo con la terra, sia la base necessaria per uno sfruttamento equilibrato e vantaggioso delle sue risorse nel lungo periodo.

Anche in Italia la produzione di energia da fonti rinnovabili è ormai una realtà concreta e spesso parte dal basso. Sono sempre di più infatti i singoli cittadini che cercano soluzioni economiche ed ecologiche per produrre elettricità per le proprie abitazioni e imprese in autonomia. I piccoli impianti fotovoltaici collegati alla rete rappresentano ormai un quarto di tutta la potenza energetica installata nel nostro paese. Anche grazie alle scelte dei privati cittadini, l’Italia (secondo i dati pubblicati da Eurostat) procede spedita nella produzione di energia da fonti rinnovabili. All’inizio del 2017 è stato infatti certificato il raggiungimento con ampio anticipo dell’obiettivo fissato per il 2020, ovvero il 17% di energia è stato registrato come proveniente da fonti rinnovabili. A detta di molti l’obbiettivo designato era anche troppo semplice da raggiungere quindi, visto che (per dirla come Saint-Exupéry) “il futuro non va previsto ma reso possibile” è il momento di continuare ad investire nel futuro sostenibile, puntando al raggiungimento dell’obiettivo del 27% da raggiungere entro il 2030.

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